Viandanti
C’è una canzone, mi pare, che inizia con le parole “ in fondo, a destra, lungo il cammino”. Non voltate a destra, per cercare i viandanti, neppure a sinistra. Forse al centro, davanti al vostro sguardo, ma, ancor meglio, girate su voi stessi, su voi stesse, come una trottola che gioca a girototondo, chiudete gli occhi, lasciatevi lievitare verso l’alto, lentamente, abbandonate il peso del corpo, salite un poco nell’aria, guardate in basso e vedrete i viandanti. Sono numerosi, ordinati, pazienti. Camminano lungo un sentiero nei campi, a lato un ruscello, fate attenzione a non caderci dentro che poi, su di voi, nascono leggende inveritiere. Ci sono piccole barche di carta che portano lumini, lucciole superstiti di un tempo che ha ucciso le lucciole. C’è una bella ragazza che piega lenzuola e poi, per miracolo, vi appare a una finestra. Chi accompagna viandanti sa far miracoli. Un po’ terreni, un po’ celesti. Una fisarmonica suona. La balera dei viandanti è sempre aperta, giorno e notte, vi aspetta. Sedete, non abbiate timore. Ragazze in filigrana abbasseranno i vostri occhi ed è lì, ed è ora, che comincerete davvero a vedere, davvero a sentire, davvero a capire. Lasciatevi prendere, hanno braccia accoglienti, precipitate nel tempo, nel suono, nel ricordo, ritrovate un pensiero, un’immagine. C’è anche la luna, luna lampadina di ogni viandante. “Chi è sufficientemente puro per innalzarvisi, può vivere in quel momento e sentire l’effetto di una ebbrezza di comprensione di tutti quegli spiriti vicini e consciamente fratelli che la guardano dalle altre parti”. Quest’ultima frase, non è mia. Voglio dirlo, perché i viandanti che erano con me lo sanno. Io sono un uomo onesto. Non guardatela. Ascoltatela. Mangiatela, un poco. I viandanti l’hanno vista, bellissima, in molte sere, si beveva vino distesi sul prato, vicino agli amici, agli ospiti, ai compagni , alle compagne. Mani sapienti pizzicavano le corde di un violoncello. Viandanti è incontro, cuore, parola, abbraccio, fatica e sudore. Viandanti è musica. Viandanti è provarsi abiti, prenderli, lasciarli, riprenderli. Viandanti è amicizia, cibo consumato su tavoli come in antichi conventi. Viandanti è concentrazione, gioco, abbracci, sguardi. Quanti sguardi. E dietro ogni sguardo una storia, molte storie che si dipanano lentamente, si intrecciano su se stesse in mille fili e dai quei fili nascono tessiture di colori, suoni, sapori, odori e, ancora, sguardi. Quanti sguardi. Viandanti è custodire un oggetto, sentirlo, amarlo, condividerlo sin quando da quell’oggetto nasce un racconto. Viandanti è memoria dei luoghi, dei gesti. E’ memoria di parola. “La parola che colpisce, la parola che ferisce, la parola che placa”. Anche queste ultime parole non sono mie. Viandanti sono ragazzi e ragazze biancovestiti interpreti di un rigoroso sogno fatto di gesti e musica. C’è un pianoforte e un ragazzo che lo suona, viandante lui, viandante il suo strumento. Anche se lo strumento non lo sa. Almeno credo. Viandanti è un antico convivio, servito da ancelle che indossano eleganza di secoli e la freschezza di chi si rinnova ogni giorno, accettando il cammino di quel giorno. Viandanti è stima, è rispetto, è conoscenza. Viandanti è una carezza, un sorriso, è tenersi per mano. I viandanti non stanno mai fermi, sono chiamati, ora, a un nuovo cammino. Li accompagneranno sciami di api, insetti che impollinano il mondo. “Gli insetti hanno in sé qualche Cosa che sembra appartenere ai Costumi, alla morale, alla psicologia Del nostro globo. Si direbbe che provengano da un Altro pianeta, più mostruoso, più dinamico, più insensato , più atroce, più infernale del nostro”. “Il senso del tatto e delle vibrazioni di un’ape le permette di apprezzare i più sottili particolari di una danza”. Anche queste ultime righe, non sono mie, ci tengo a dirlo, perché come sapete, io, sono un uomo onesto. Anche se a volte, come ora, rubo parole. Ma le rubo, per regalarle a voi. E dunque, mi sento meno colpevole e mi assolvo. Continuate, continuiamo il viaggio. Venite.
(a.m.)